Enrico Berlinguer, segretario del PCI dal 1972 al 1984 avrebbe compiuto oggi cento anni (era nato a Sassari il 25 maggio del 1922). Ettore Viola lo ricorda con due ritratti per il Manifesto e per la Gazzetta del Mezzogiorno.
Berlinguer è stato probabilmente l’uomo politico più amato del secolo scorso. Seppe guidare il più grande partito comunista dell’Occidente tenendolo sul terreno della democrazia senza cancellare l’idea e il sogno di una società migliore e giusta.
La gente ne amava il volto serio, i rari sorrisi e l’assoluta onestà. Persino quando parlò di austerità seppe imprimere un significato positivo a questa parola. Con lui si formò una generazione di comunisti che credevano nella democrazia e nel cambiamento e per un po’ sembrò persino praticabile l’ipotesi di un eurocomunismo non sovietico e non totalitario. Pose al Paese e alla politica una “questione morale” che dieci anni dopo la sua scomparsa portò alla fine della prima Repubblica.
Morì a Padova colpito da ictus al termine di un comizio per le elezioni europee. Era la sera del 7 giugno 1984. La sua agonia durò alcuni giorni fino all’11 giugno. Il presidente della Repubblica, Sandro Pertini trascorse accanto a Berlinguer le ultime ore. Poi riportò a Roma la sua salma. I funerali, il 13 giugno, videro una folla enorme, venuta da tutto il Paese, rendergli un omaggio sincero. La sua assenza dal panorama politico si sentì subito il PCI superò la Dc alle elezioni europee. Ma in quei giorni cominciò la fine del Partito Comunista più grande d’Europa.